Dammi un Po di Culatello
di Lucio Mazzi
Con le gambe traballanti, ci si avventura per la passerella che collega la riva del Po alla barca che ci porterà ad esplorarne un tratto. Le gambe traballano per le abbondanti quanto rustiche libagioni che ci hanno tenuto occupati fino a dieci minuti prima. Arrivati sotto la tettoia di un capanno sull'argine del grande fiume, in quel di Polesine Parmense, siamo stati accolti da scaglie di grana e salame, in attesa del via ufficiale alle libagioni. Il motivo per cui, giornalisti ed operatori turistici, ci siamo trovati lì in un torrido mezzogiorno di giugno, era anche serio: esplorare l'ipotetica "Strada del Culatello" (in pieno territorio di produzione di questa delizia si trova Polesine Parmense), una via che si snoda per terra e per acqua lungo il Po. Ma prima, come detto, tutti a tavola, passandosi le acquadelle sottaceto, spicchi di frittata alle erbe e salumi vari; gustando ottime quanto sorprendenti tagliatelle alle foglie di pioppo e acacia, ortica e prezzemolo; facendo onore ad un lambrusco onesto e senza fronzoli; concludendo con una crostata che poteva essere uscita solo dal vecchio forno di casa di qualche mamma locale. Poi, il satollo dopopranzo sul tetto del barcone. Schiantati dal sole, cedendo, molti, alla tentazione di liberarsi di qualsiasi indumento fino al limite imposto dalla più permissiva norma di polizia fluviale. E poi i racconti su e giù per sapori, climi ed emozioni del presidente del Consorzio del Culatello Massimo Spigaroli, scorrendo tra le rive un po' caraibiche e un po' ferraresi del fiume sonnacchioso. Due ore sotto a quel sole sgarbato (ma non ancora spietato) che solo queste campagne sanno imporre, per poi ritornare a riva e prepararsi ad una cena di gala in onore di S.M. Culatello Unico, anni luce lontana dai nostri vestiti da campagna, dalle nostre facce scottate dal sole e dalla pigrizia che, ormai, aveva abbattuto anche la più pervicace delle zanzare locali.
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