L'aglianico
L’Aglianico è il vitigno che incarna la vitivinicoltura campana essendo da sempre coltivato nelle aree a maggiore vocazione della regione.In Campania l’Aglianico mostra un ampio adattamento agli ambienti geo-pedologici più diversi, sia di pianura che di collina, purchè situati in una fascia climatica di somme termiche elevate.È questo il motivo principale della sua diffusione nell’Italia meridionale e della sua presenza a nord della Campania.La coltivazione secolare del vitigno ha selezionato vari biotipi di Aglianico, che caratterizzano ciascuna area di diffusione: l’Aglianico amaro delle provincie di Benevento e Caserta, l’Aglianico di Taurasi nell’avellinese, l’Aglianicone della provincia di Salerno, l’Aglianichello nella provincia di Napoli, l’Aglianico del Vulture in Basilicata.Il primo a riconoscere all’Aglianico un’origine greca è il Porta, che nel 1581 prima scrive: “Columella ci descrive anche le Helvolae che altri chiamano Variae” e, poi, in modo categorico, asserisce “dico, dunque, che le nostre viti Hellaniche sono le Helvolae degli antichi”.L’ipotesi è avvallata nel 1804 da Columella Onorati che scrive: “finalmente le uve da vino sono principalmente la glianica detta anticamente ellenica o ellanica, venuta forse dall’Eubea, oggi Negroponte, secondo i nostri Antiquari; ch’è di colore nero”, e, successivamente, confermata da Granata che si basa sull’etimologia della parola aglianico che significa “graco” o “grecizzante”. In effetti il passaggio di denominazione da ellenica-ellanica ad aglianico potrebbe risalire al periodo di dominazione spagnola sul regno di Napoli e sarebbe dovuto al fatto che gli Aragonesi pronunciavano la doppia “l” come “gli”.Chi studia a fondo la questione della provenienza di questo vitigno è Carlucci che nell’Ampelographie di Viala e Vermorel sostiene: “per quel che mi riguarda sono dell’opinione che i vitigni che producono oggi i vini di Pozzuoli sono gli stessi che davano l’antico Giurano o Falerno; che, di conseguenza, l’Aglianico attuale, identico a quello coltivato nel XVI secolo al tempo di Bacci sia uno di quelli che costituivano i vigneti di Gauro al tempo di Plinio”. Di vino di uve Aglianico hanno poi parlato: Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III Farnese che scrive: "Di tali vini Sua Santità beveva molto volentieri et dicevali bevanda delli vecchi, rispetto alla pienezza", Andrea Bacci, medico di Sisto V Peretti, che ne dice: "…vino ricercato e prestigioso delle mense dei ricchi" e Arturo Marescalchi che lo definì "il fratello maggiore del Barolo e del Barbaresco".Dal punto di vista agronomico e produttivo l’Aglianico è un vitigno piuttosto vigoroso che permette produzioni mediamente abbondanti. Può presentare, anche in rapporto alla disponibilità di micronutrienti, fenomeni di acinellatura verde. Si raccoglie solitamente tra la prima e la terza decade di ottobre e ammostato fa registrare alti valori di zucchero e elevati livelli di acidità.Come detto l’Aglianico è il vitigno maggiormente diffuso in Campania e, con il suo biotipo “amaro”, concorre alla produzione dei DOC monovitigno Solopaca, Aglianico del Taburno, Sant’Agata dei Goti, Sannio e Guardiolo oltre che al Taburno rosso e novello.
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